s.masunagaGli studi riguardanti la conoscenza oggettiva dei meridiani sono oggi talmente numerosi e diversi tra loro, che sono quasi impossibili da enumerare. Tra i molti citiamo: “L’osservazione tramite risonanza dell’ago” del Dr Naghama, “Fenomeno dei meridiani” del Dr Fujita, lo studio anatomico secondo la teoria di Bonhan, i diversi studi tramite rivelatore elettrico, ecc.…per cui pochi sono oggi quelli che realmente contestano l’esistenza dei meridiani. Possiamo anche affermare che attualmente, come mai in nessun’altra epoca, i terapisti che, per dare una dimostrazione della loro teoria terapeutica, fanno riferimento ai meridiani arcaici trovano tanti alleati. Per trasformare il vecchio Kanpô (l’antica medicina cinese) in una medicina orientale moderna gli studi, impegnati a portare prove oggettive sulla realtà dei meridiani, sono certamente necessari. Se la medicina orientale si ostina a voler seguire in toto, senza in nulla modificare l’orientamento della medicina occidentale, che cerca di fondare i suoi metodi di trattamento su prove oggettive e razionali, rischia di perdere il carattere proprio del Kanpô.
Ormai è necessario portare avanti quegli studi che, estraendo dai rimedi grezzi tradizionali le componenti attive, permettono di definirne la formula chimica; ma, d’altro canto, il fatto diprescrivere ai malati medicinali composti esclusivamente da tali estratti attivi non può essere ritenuto un trattamento di Kanpô. Così come, benché sia possibile rilevare lo stato anormale di un Keïketsu (punto, “nodo d’energia”) facendo uso di un rilevatore elettrico, non si può considerare un trattamento tradizionale di Shin-Kyû (agopuntura o ignipuntura) un intervento su un punto di reazione individuato tramite l’apparecchio. Certamente non è vietato ad un terapista, anche solo come supporto psicologico, ricorrere durante i trattamenti di Shin-Kyû a mezzi moderni, quali l’impulso di un ago o la percussione sonora di un rilevatore. Un simile trattamento può essere certamente presentato come un nuovo trattamento tramite rivelatore elettrico, ma è una pratica totalmente differente dal Shin-Kyû così come è concepito dalla medicina orientale tradizionale. Ugualmente i praticanti di Tôeki (metodo terapeutico cinese tramite medicinali) dichiarano che utilizzare semplicemente dei rimedi naturali grezzi o degli estratti attivi di questi medicinali senza diagnosi preliminare non fa parte della giusta condotta di un corretto trattamento di Tôeki. Penso che sia compito dei terapisti stessi di Shin-Kyû dichiarare che, colui il quale non faccia un trattamento conforme alla tradizione non è un corretto terapista di Shin-Kyû, anche se fa uso di aghi o di Moxa.
Se la medicina orientale basa sempre la sua diagnostica esclusivamente sui cinque sensi dell’essere umano, è sicuramente perché in essi trova numerosi significati e interessanti valori, e non assolutamente perché ha orrore dell’evoluzione o per attaccamento ad una tradizione sorpassata e irrazionale. Contrariamente alle scienze sperimentali moderne, che hanno tendenza a decidere ogni cosa previo ragionamento logico e prova oggettiva, la medicina orientale si fonda su un altro sistema di valori e non può dunque usare gli stessi metodi. La differenza tra una diagnosi occidentale, che mira a determinare la natura della patologia, e la diagnosi orientale dello Shô, non risiede solamente nella diversità dell’oggetto ricercato, ma porta in sé una differenza essenziale nella modalità stessa di procedere alla diagnosi.
La determinazione di una patologia è fatta a partire dalle alterazioni anatomiche osservate nelle zone malate e scientificamente classificate o dai disturbi funzionali che lasciano presumere tali alterazioni. Trovare la natura della patologia è quindi subordinato ad un certo numero di condizioni: tra i vari e complessi fenomeni osservati si devono selezionare alcuni caratteri che provino che si tratta di quella precisa malattia e non di un’altra, esaminare tutto avendo cura di non ferire il corpo –questo significa che, in numerosi casi, si deve presumere la natura della patologia senza poterne vedere concretamente la sostanza- ed inoltre, così determinata, la patologia deve essere la sola ad essere ritenuta tale in modo oggettivo. La testimonianza di un rinomato specialista di malattie interne, secondo il quale la percentuale d’errore nelle sue diagnosi è intorno al 20 %, deve sorprendere chi conosce dall’interno la realtà medica per la scarsità della cifra.
Si dice spesso che la diagnosi dello Shô è facile e comoda poiché il suo obiettivo è solamente quello di determinare il modo di procedere al trattamento senza doversi preoccupare della determinazione della malattia, né della malattia stessa. In realtà non è poi così facile determinare lo Shô di un paziente tra i vari sintomi che questo presenta. Riguardo i medicinali, sovente numerosi medici di Kanpô ne preparano informandosi semplicemente sullo stato del paziente, ma nel caso in cui la sorte gli permetta di afferrare lo Shô corretto, si può dire che la loro tecnica è veramente straordinaria. La tradizione dice infatti: “E’ uno Shin (uguale a un dio) colui il quale comprende semplicemente guardando”. Nel caso in cui vengano preparati dei rimedi senza neppure vedere il malato, ma fidandosi semplicemente delle parole di qualcuno a lui vicino, si può affermare che la tecnica , in questo caso, ha veramente del miracoloso.
Per giustificare tale procedura si può forse dire che, malgrado tutto, i medicinali del Kanpô sono efficaci e quindi si vendono bene ed essendoci guarigione del malato, in definitiva lo Shô deve essere giusto. Ma si può forse anche sostenere che poiché le cifre di vendita dei medicinali occidentali sorpassano di molto quelle di vendita dei Kanpô, i medicinali occidentali sono più efficaci dei trattamenti di Kanpô. Inoltre, bisogna considerare che la proporzione del placebo nei medicinali è nell’ordine del 60 e 70 % ; tali affermazioni, che ignorano la funzione placebo sul mentale del malato,non provano assolutamente il valore intrinseco dei medicinali. Tuttavia la differenza di carattere esistente tra i medicinali del Kanpô, la cui preparazione resta tradizionale e quindi sempre la stessa, e la farmacopea occidentale, che costantemente mette sul mercato nuovi prodotti, senza dubbio è sintomo di un fenomeno del tutto attuale. Dovremmo constatare che l’infatuazione attuale per i trattamenti Kanpô è certamente motivata dagli sforzi fatti dai praticanti di questa medicina e che, sotto l’influenza di questa moda, l’effetto psicologico di questi medicinali è aumentato. Inoltre se attualmente lo Shin-Kyû si sta diffondendo all’estero è grazie alla serietà dei terapisti che praticano corretti trattamenti attraverso i meridiani :lo dimostra tutta l’importanza che gli agopuntori stranieri attribuiscono alle tecniche di Ho (apporto e tonificazione) e di Sha (ritiro e dispersione).
A questo riguardo, penso dunque di poter affermare che i progressi degli studi sugli elementi attivi delle sostanze medicinali grezze utilizzate nelle prescrizioni di Kanpô, non hanno in alcun modo influenzato gli aspetti essenziali del lavoro (a parte l’impatto psicologico provocato dalle prove scientifiche). Le nuove conoscenze avrebbero, infatti, potuto indurre a cambiare gli assortimenti tradizionali o modificare i processi di diagnosi dello Shô. Come pure gli studi sulla risonanza dell’ago, o sul rilevatore elettrico, o ancora sui “corpuscoli di Bonhan”, che hanno certamente il merito di aver permesso una dimostrazione anatomica della localizzazione dei Keïketsu, -altrimenti fondata sulle descrizioni piuttosto vaghe dei testi classici, o sulla dimensione delle ossa-.
Nonostante questi studi, infatti, nel trattamento del Shin-Kyû, per poter ben distinguere i punti su cui praticare l’agopuntura e per dosare correttamente la quantità di Moxa, le dita sono (sempre e) assolutamente necessarie, poiché permettono di diagnosticare ogni singolo cambiamento prodotto sui meridiani. E’ quindi chiaro che la tecnica manuale è (e rimane) questione di centrale importanza.
Il “trattamento secondo lo Shô”, in altre parole il trattamento in cui il lavoro pratico e la presa dello Shô sono inseparabili, rende evidente (indica) quale sia la tecnica del terapista. Il lavoro sui Keïketsu scelti secondo la natura dei sintomi osservati, secondo la patologia, o individuati usando un rilevatore elettrico, sono sistemi che si osservano presso i terapisti di Shin-Kyû. Questi, però, sono dei semplici mezzi utilizzati per facilitare il lavoro, e comparabili alle prescrizioni fornite dai farmacisti (senza una vera diagnosi). Tale modo di lavorare è completamente estraneo allo spirito d’origine del Kanpô.
Nel Kanpô ogni tecnica è eseguita in funzione della condizione specifica del malato. Nel Toêki, infatti, si decide la cura a partire dal Shô, come pure nel Shin-Kyû, e nelle terapie manuali si pratica lo Ho e lo Sha a partire dalla presa del Kyo-Jitsu (carenza o eccesso) dei meridiani.
Al momento, tra tutti gli studi sui meridiani, non n’esiste alcuno che argomenti in modo chiaro riguardo il Kyo-Jitsu. E’ dunque del tutto evidente come non sia possibile eseguire un trattamento Ho-Sha facendo riferimento agli studi fino ad ora condotti.
Resta in ogni modo vero che, anche in caso d’assenza del trattamento di Ho-Sha, lo Shin-Kyû può dare buoni risultati. Può, ad esempio, succedere che un trattamento sia efficace anche se il Kyû (ingnipuntura) è fatto su un punto (Tsubo) Sanri da una persona non esperta, o se medicinali di Kanpô sono prescritti senza basarsi sullo Shô.
Quanto detto finora, e il semplice fatto che possa costituire una forma d’igiene di vita, permette di affermare che la medicina orientale è una medicina basata sulla natura (alla luce di quel che viene dopo, a differenza dei trattamenti occidentali).
Effettivamente tutti i trattamenti empirici orientali, sono, per il loro principio terapeutico, assai differenti dai trattamenti empirici occidentali, innanzitutto perché i medicinali occidentali, se dispensati senza prescrizione, possono costituire un reale pericolo per la salute dell’uomo. Ciò detto, non bisogna però dimenticare che quello che consideriamo come trattamento orientale è la terapia eseguita seguendo la condotta del vero Kanpô tradizionale. Anche se le forme e i mezzi utilizzati dalle due medicine in alcuni casi si assomigliano, nella medicina orientale e in quella occidentale le concezioni mediche sono assai diverse e, di conseguenza, anche la modo di agire dei terapisti. Eseguire un trattamento di Shin-Kyû basandosi semplicemente su dei punti energetici trovati tramite un rilevatore elettrico, non corrisponde in alcun modo al trattamento dei meridiani, ma si tratta piuttosto di una terapia basata sulla suggestione, simile alla tecnica sviluppata da Mesmer.
E’ dunque possibile affermare che gli studi sull’embriologia dei meridiani, sulla localizzazione anatomica dei Keïketsu, sulla teoria di Bonhan, ecc., sono secondari rispetto alla prospettiva d’origine della medicina orientale?
La teoria dei cinque visceri (“Zo”) e dei cinque organi di transito e di trasformazione (“Fu”) non deve avere avuto, in passato, una spiacevole influenza da un punto di vista clinico, benché essa stessa sia in torto (in difetto) rispetto al punto di vista strettamente anatomico della medicina moderna. Coloro che ne sono rimasti delusi dovevano essere terapisti a cui mancava un’esperienza clinica sufficiente per giudicare. L’attenzione portata alla prova scientifica per giustificare il lavoro tecnico, in realtà, non porta ad alcuna conclusione. La maggior parte dei terapisti di Shin-Kyû che dichiarano di praticare i trattamenti sui meridiani, in realtà non ne hanno alcuna percezione sensibile e, anche se riconoscono la realtà dei Keïketsu, tendono a considerare i meridiani come un sistema puramente teorico, destinato a giustificare le relazioni tra i Keïketsu sui quali lavorano.
Lo studio sui percorsi dei meridiani di M. Fujita è stato realizzato grazie alla collaborazione di un paziente particolarmente sensibile (alla stimolazione degli aghi) e, inoltre, esistono assai poche ricerche che spieghino chiaramente come riconoscere il Kyo-Jitsu sul percorso dei meridiani. E’ forse perché il Shin-Kyû si limita al Keïketsu e, dunque, studi di questo tipo non sembrano necessari? Sembra che una volta costatato lo stato del meridiano tramite la diagnosi dei polsi, ecc…., sia sufficiente selezionare i punti da utilizzare nella pratica.
Certamente alcuni terapisti di Shin-Kyû arrivano ad acquisire, in modo intuitivo, la nozione di meridiano (oppure: …arrivano ad avere un’intuizione reale della nozione di meridiano…) attraverso i risultati tangibili ottenuti durante i trattamenti.
Mi riferisco, ad esempio, al Dr Nagahama, che fornisce delle immagini dei meridiani grazie alla reazione d’un paziente assai sensibile alla puntura dell’ago; o al Dr Manaka, che giustifica la realtà funzionale del meridiano partendo dalla scomparsa di punti dolorosi in seguito a pressione, ecc…. Questi terapisti, a varie riprese, hanno insistito sull’importanza dei meridiani, ma il loro punto di vista non ha potuto veramente convincere, né essere ampiamente accettato, poiché loro stessi, credo, non sapevano come averne una percezione sensibile.
La seguente citazione di un paragrafo de La medicina del Shin-Kyû di M. Nagahama dovrebbe illuminare la ragione di un tale dato di fatto. Si tratta di un passaggio che presenta le terapie manuali come forme di trattamento empirico collegate al Shin-Kyû: “Si ritiene che un tempo, nell’era Tokugawa, i medici praticassero il Doin –la tecnica dell’Amna- per conoscere attraverso la pratica la struttura del corpo umano e i meridiani. Perseverando nella pratica dell’Amna, viene esercitata la sensibilità delle dita e si diventa capaci di sentire i punti vitali (Keïketsu). Attualmente, la maggior parte di coloro che si rivolgono all’Amna non vedono in questa che una pratica atta a portare sollievo momentaneo; a causa di ciò la motivazione originale dell’Amna come terapia, ha finito per sparire. Ecco che allora, dichiarando di guarire la malattia, una tecnica chiamata “trattamento Shiatsu” si è resa indipendente dalla tecnica dell’Amna.”
La degradazione dell’Amna a semplice pratica di rilassamento non è tuttavia recente. Nell’Anpuku Zukai (Spiegazione dell’Anpuku tramite l’immagine) di Jinsaï Ohata è mostrato come, già nell’epoca Edo, si assistette ad una tale decadenza. Infatti, già allora i praticanti dell’Amna avevano tendenza a ridurre la loro disciplina ad una tecnica di massaggio muscolare che fornisse sollievo (rilassante), o ad un semplice trattamento su parti circoscritte del corpo. Così facendo i praticanti dell’Amna, per distinguersi dai non professionisti, davano importanza al Kyogi e al Kyokuté, tecniche che non hanno alcun valore dal punto di vista terapeutico, e abbandonavano i Keïketsu e i meridiani dell’Amna tradizionale.
Molti terapisti Shiatsu, pur dicendosi medici-terapeuti appartenenti ad una scuola di medicina orientale, hanno in realtà basato la loro pratica su tecniche terapeutiche manuali prettamente occidentali. Di conseguenza, la tradizione della medicina orientale arcaica è andata perdendosi e oggi non è più possibile trovare una tecnica appartenente alla medicina orientale che valga veramente la pena di apprendere. Credo che l’attuale difficoltà a percepire i meridiani sia una conseguenza di tutto ciò.
Per i terapisti di Shin-Kyû, che riducono la scelta dei Keïketsu ad un semplice strumento diagnostico, non è necessaria la conoscenza pratica del meridiano: una volta diagnosticato il Kyo-Jitsu è sufficiente applicare il trattamento sui Keïketsu scelti rispetto al Kyo-Jitsu. Se la ricerca diagnostica ha come scopo di individuare gli Tsubo (punti di reazione al livello pelle) e non i Keïketsu (punti di rinforzo, sguardi aperti sui meridiani) è più che sufficiente la tecnica manuale dell’Amna attuale, deformata dal massaggio occidentale. Se invece si vuole raggiungere la conoscenza pratica e tangibile dei meridiani dei “cinque visceri” che sono l’idea fondamentale del Kanpô, non c’è altro modo se non apprendere la tecnica manuale del Doin-Angyô che rappresenta il punto centrale (“centro”) del Kanpô stesso.
Nel momento in cui lo Shiatsu si è liberato dall’appellativo di medicina empirica, è stato posto a fianco dell’Amna e del massaggio. Si è dunque fatto dello Shiatsu una pratica di sostegno al trattamento medico occidentale. Se si vogliono creare le condizioni per farne un vero metodo medico, e sottolineare l’effetto originale dei trattamenti mettendone in risalto tutte le particolarità, è indispensabile fornire un ordine teorico coerente a tutto il sistema di diagnosi e alle modalità di trattamento secondo i principi della medicina orientale. La nozione di meridiani ha dunque ripreso importanza per i professionisti dello Shiatsu. Infatti, così com’è mostrato nell’opera Anpuku Zukaï e trattamento Shiatsudi Tadashi Izawa, il mondo dello Shiatsu si è reso conto che quanto era stato anticipato da M. Jinsai Ohta (detto “Anpuku”) non era che una forma primitiva di Shiatsu.
Da tale constatazione, durante il XVII congresso di medicina orientale in Giappone, feci un intervento dal titolo: “Il ruolo dello Shiatsu nella medicina orientale”. Nel “Ihô Hôgi Ron” (“I differenti metodi secondo le regioni”), del dodicesimo capitolo del Sou-Wenn è spiegato con chiarezza in che modo, all’origine della medicina orientale, esista un legame organico (coerente) tra tutti i suoi differenti metodi. Era quindi mio proposito mostrare come nella tecnica dello Shiatsu, poiché medicina sintetica moderna, si dovesse procedere al trattamento congiungendo e coniugando aspetti e particolarità propri ai differenti metodi della medicina orientale. Per rendere tale proposito concreto, e anche per riconoscimento nei confronti del Shin-Kyû per tutto quello che grazie a lui ho imparato, mi è sembrato importante chiarire l’idea di percezione sensibile dei meridiani; in altre parole, precisare quale sia la sensazione reale dei meridiani che, grazie allo Shiatsu, è possibile acquisire per esperienza concreta.

scritti di Masunaga (Febbraio-maggio 1967)
traduzione di Lucia Candelise



                     
                     

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